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Lazio: l’ora della rifondazione

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L’anno nero del calcio italiano in ambito europeo si abbatte sull’Olimpico di Roma dove l’ultima squadra ancora in lizza, la Lazio, capitola tra le mura amiche contro uno Sparta Praga quadrato in ogni settore del campo. Finisce una stagione amarissima per il tecnico Pioli che avrà ripercussioni anche su un discorso di una possibile riconferma per il prossimo anno.

In generale, per onestà di pensiero, è il tracollo di tutta la dirigenza biancoceleste: da Lotito a Tare, da Pioli alla squadra. Un quadrumvirato di infima qualità, che ha inciso in maniera determinante in questa stagione maledetta, che riporta indietro di sei lustri in quella “lazietta” da nono, decimo posto ma dignitosa con altre carature dirigenziali. Un secolo fa, con una squadra meno imborghesita e con gente onesta, lontana parente dagli specchi dorati di questi ultimi anni. Termina la corsa nel peggiore dei modi, in linea su come era iniziata. Se la Champions League era troppo per la squadra e che la stessa squadra era difficilmente migliorabile, l’Europa ha mostrato degli effetti diversi con lo stesso epilogo.

Essere eliminati al primo tempo è l’unica chiave di lettura, quel primo tempo che prima o poi ha fatto pagare dazio al tecnico emiliano; puntualmente si sbaglia formazione iniziale per poi rimediare nella ripresa. Stavolta il primo tempo gli è fatale e pesa come un macigno inesorabile anche sul suo futuro. Troppo brutto per essere vero, con i numeri ancora una volta a dargli torto. Si subiscono reti nel primo quarto d’ora ma stavolta la squadra è talmente intelligente e concentrata che ne subisce due nei primi quindici minuti. Mancanza di fosforo, in linea con l’atteggiamento mentale di inizio campionato dove non si è capito la ghiotta opportunità da sfruttare soprattutto contro una Juventus decimata dagli addii di Tevez, Vidal, ecc.

Troppo articolato il discorso anche nel preliminare dove si è messo in luce il ridicolo battibecco tra Candreva e Biglia per una fascia da capitano, mentre il mercato era paralizzato e un modesto Leverkusen approdava ai gironi di Champions.

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Poi la grana De Vrij e la sua eterna indecisione sull’intervento da effettuare, ma che ha smascherato i limiti di una difesa imbarazzante che ha commesso errori tali da caratterizzare intere partite.  Mauricio inadatto, Hoedt discontinuo, Gentiletti inguardabile, Bisevac non adatto. Complimenti solo a Konko e Basta; il primo per un finale di campionato dignitoso, il secondo per una prima parte sempre precisa e puntuale. A centro e davanti un caos. Da spiegare l’utilizzo di Mauri in una gara vitale come l’ottavo, da spiegare anche l’atteggiamento di un nazionale come Candreva che non ha fatto della crescita mentale un tassello importante nella sera che più contava, anche per lui e per la prossima carriera. Domande irrisolte che non trovano spiegazione se non nel ciclo finito di Lulic che anche se con discrete motivazioni, ha espresso un atteggiamento di chi ha finito una parentesi calcistica della propria vita. Biglia e Felipe Anderson sono spariti, così come Parolo talmente goffo nell’intervenire su un rilancio da favorire il vantaggio ospite siglato da Dockal al 10’. Stesso dicasi per Hoedt che due minuti dopo favorisce il raddoppio di Krejci. Davvero modesta questa Lazio per ambire di giocare con calibri veramente europei. In avanti nessuno ha inciso.

L’urna, comunque, è stata abbastanza fortunata. Poteva andare peggio viste le altre squadre. Ironia a parte è l’uscita di scena di un intero sistema che deve trovare una nuova rifondazione. Contestare Lotito è come contestare un movimento calcistico italiano in forte regressione. Lotito lo rappresenta e a farne le spese è un popolo, quello laziale, che non meriterebbe un trattamento simile. La proiezione di un malcontento è apparsa in tutte le sue forme con una protesta vivace nei confronti di un presidente sempre più lontano dalla realtà Lazio. Il pensiero collettivo va da una parte ed è depresso, il suo dall’altra su un binario morto. Mandare via Pioli sarebbe una soluzione legittima, plausibile, concepibile anche se in questo momento non avrebbe molto senso. Il derby come ultima spiaggia? Stasera era l’ultima spiaggia. La Roma vola, la Lazio è alle prese con divisioni interne evidenti, nette, quasi abominevoli. Stasera erano introiti, un milione di euro per l’esattezza. In un momento di forte crisi collettiva, era necessario fare di necessità virtù. Invece passa un ottimo Sparta Praga, quadrato in tutte le sue forme, non cinico e bello come alcune sue sostenitrici ma estremamente pratico. Un uno-due micidiale frutto della mediocrità della difesa laziale. Chiude Julis per la tripletta europea a ridicolizzare un Bisevac mai sceso in partita. Quarto conquistato con enorme merito.

Mirko Cervelli

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