Nella settimana in cui si è consumato l’addio di Garcia ed il ritorno di Luciano Spalletti la Roma riesce nell’impresa di pareggiare in casa in uno stadio sempre più abulico contro il fanalino di coda Verona, 9 punti in 20 partite, due conquistati proprio contro la Roma.
Nel prato dell’Olimpico i giallorossi giocano accompagnati, come ormai da due mesi a questa parte, dalla paura, dalla mancanza di gioco e soprattutto dalla scarsa personalità.
Di certo mister Spalletti non ha la bacchetta magica anche se qualcosa di nuovo si è visto. Modulo di partenza 4-2-3-1, Nainggolann a fare il Perrotta, Pjanic a fare il Pizzarro, Dzeko a fare il Dzeko (ovvero la punta e basta). La manovra non si sviluppa con la velocità e gli automatismi che non possono già esserci, allora quel qualcosa in più che poteva essere sufficiente a battere il Verona ce lo si aspettava semplicemente dai giocatori, i veri attori di una partita, di un girone, di un campionato. E succede che Salah non salta l’uomo da immemore tempo, che Castan fa la peggiore partita della sua carriera (ma quale occasione migliore di oggi per ridargli minuti ed eventualmente recuperarlo?), Pjanic fa il compitino e Dzeko non fa i gol che una punta di media bravura farebbe. Il risultato è un 1 a 1 piatto, triste e cosa ancor più grave…giusto!
La Roma ha perso l’ennesima occasione per ridurre/mantenere il distacco dal gruppo di testa e si prepara come sempre, più di sempre, a vivere una settimana di polemiche e di invettive, dove in città tutti si risvegliano il lunedì mattina allenatori, direttori sportivi, direttori generali, giornalisti. Nessuno però del popolo giallorosso si metterà i panni che dovrebbe veramente indossare, ovvero quello del tifoso o come dicono gli inglesi del “supporter”. Gli inglesi dicono supporter perché il tifoso supporta la propria squadra, incita i propri giocatori, rendono il proprio stadio ostile alla squadra avversaria, non gufa per un risultato avverso per poi potersi guadagnare la legittimità di dire “io l’avevo detto!” (N.B. inclusi i giornalisti). I giocatori vanno criticati ed anche fischiati e mai come oggi chi veste la maglia giallorossa merita critiche. Ma durante i 90 minuti un giocatore supportato sicuramente rende di più di un giocatore fischiato.
Questo è uno dei motivi per cui la Roma rende al di sotto delle proprie aspettative, ma ovviamente non siamo così scellerati da pensare che sia l’unico problema. Di questioni aperte, di contraddizioni latenti l’ambiente giallorosso è ricco e non potrebbe essere altrimenti.
La Roma al momento presenta una rosa figlia di un mercato estivo imperfetto, nonostante ad agosto, nomi alla mano, il direttore Sabatini fosse stato incensato, giustamente, dalla varie campane della Roma giallorossa. In difesa manca un centrale d’impostazione (era giusto aspettare Castan) e un vice Digne affidabile che possa all’occorrenza spostarsi anche a destra. Punto. Nel mercato di riparazione, dove i top players o presunti tali non si muovono, si può aggiustare e non ricostruire e comprare tanto per comprare non serve. Arriverà Perotti perché fino a due settimane fa con Florenzi terzino serviva il sostituto di Iturbe e dopo il mancato approdo dell’ex Verona al Genoa quest’estate è da escludere un secondo smacco al presidente Preziosi.
Poi ci sono i giocatori. Giocatori che domano la Juve, che espugnano Firenze, che escono indenni da Napoli, che vincono l’ennesimo derby negli ultimi due anni e mezzo e che perdono immeritatamente a Milano sono giocatori di valore, è oggettivo. Se gli stessi giocatori perdono poi punti in casa con Verona e Atalanta tanto per citarne due (oltre alla figura meschina della Coppa Italia) è altrettanto evidente che presentano enormi limiti di concentrazione e personalità. Non tanto per la seconda quanto per la prima può e deve intervenire la società nella figura del direttore generale o presidente, fin troppe volte mostratasi morbida e poco incline a provvedimenti punitivi.
La stagione non è ancora finita. Di certo vincere il quarto Tricolore è sempre più una chimera, anche se in questo campionato veramente tutto può ancora succedere. La Roma deve riguadagnarsi la posizione ed il rispetto che merita. Questo doveva, poteva essere l’anno dello scudetto, ma se si sale sul podio non sarà inequivocabilmente fallimento. Si fallisce se la Roma continua a giocare (non giocare) così, se i giocatori continuano a mostrare un decimo del proprio valore, se la competenza di Walter Sabatini viene frenata come spesso accade dal suo orgoglio e dai sui eccessi, se l’allenatore della Roma non mostra gli attributi ai suoi giocatori, se i tifosi non fanno i tifosi (e combattono battaglie che con il calcio hanno veramente poco a che fare)….
Distruggere e ricostruire in continuazione non hai mai portato giovamento in questa città. La società americana vincerà, non ci sono dubbi. Pazienza e lucidità (visto che non ti chiami Real Madrid, Barcellona o simili) sono virtù che Roma e la Roma devono scoprire e metabolizzare. Quando la passione tornerà ad essere una spinta e non un freno torneremo a vedere una squadra che vince e diverte.
C’è tempo per emettere sentenze.
Mario Di Stasio
Leonarda Di Vizio
17 gennaio 2016 at 23:38
Un’osservazione molto critica e realistica sulla realtà calcistica giallo-rossa